‘sto viaggio è interminabile.
Sarà perché stiamo facendo una strada che non conosco, pessima pure, sarà perché in macchina non funziona la radio e i due tizi boliviani davanti non spiccicano parola, sarà perché questa notte alle due, dopo ben quattro ore di sonno, (dai, peccato lamentarsi) il mio corpo ha deciso che non voleva più dormire fino alle sette e mezza. Bisogna dire però che è stata una gran bell’insonnia jazz, ché se ci fosse una macchina che scrive la musica direttamente dal cervello che la pensa (e magari già incide i CD) probabilmente tra qualche anno farei il mio piccolo successo di nicchia. Certe intuizioni vengono solo quando non dormi, ma quando anche sei abbastanza riposato da poterti permettere pensieri positivi su di te, sulla vita, sulle persone a cui vuoi bene, su quelle che ti scrivono e ti pensano e su quelle che ti ignorano, sul mondo intero. Quanto sono fortunato -pensavo questa notte, la scorsa ormai, visto che è di nuovo sera e la vostra metà di mondo dorme o quasi, almeno ci prova-.
Quanto manca? Ma cavolo…
Finalmente lo sterrato è finito, è un sollievo, posso chiamare i padroni di casa di La Paz e dire che arrivo per cena… non se l’aspetteranno ma d’altronde… poi provo a chiamare la Vale, che questa mattina per email mi ha più o meno sconvolto. La Vale è la mia collega. Cioè da Dicembre in realtà non lo è più e non è mai stata l’unica collega, ma è quella con cui ho avuto sempre un gran feeling, lavorativo e non. Per quello è “La” collega. Le altre non si offendono, credo sia sotto gli occhi di tutti che tra noi due funzionava a tutto a meraviglia. Caratterialmente due poli opposti, ma che più opposti non si può, ma chissà com’è quell’alchimia… e quell’equilibrio maschile-femminile che non si rompe né si trasforma in altro, pur con il passare degli anni. Insomma la Vale è stata fin da subito, da quella serata finale del CRE, più di una collega e un’amica. Tanto che l’allora “suo” Diego era un po’ geloso, così come la Monichina ai tempi in cui non era quasi più “mia”. Le gelosie erano infondate in quanto gelosie, ma un loro “perché” ce lo potevano anche avere. Insomma la Vale ha il cell spento. Ecchecaspita… è “solo” mezzanotte lì. Va bè, provo domani. A La Paz invece risponde Lola, sempre spumeggiante e carina che mi passa il don Fausto che – come da copione – è spiazzato dalla mia presenza imprevista.
Dopo una cinquantina di chilometri di strada asfaltata pigliamo una sorta di autostrada a pedaggio, una corsia per senso di marcia e senza spartitraffico, però almeno si viaggia, si sorpassa a chiodo. Speriamo bene.
Il sole se n’è ito da non molto davanti a noi e le colline dell’altipiano che ci separano dalla meta disegnano con i colori del tramonto un panorama stupendo, pian piano i colori scuriscono, lo skyline delle colline cambia di minuto in minuto, è un incantevole spettacolo in divenire.
I due seduti davanti ogni mezz’oretta si scambiano una battuta, poi tentano di trafficare con la radio che nel frattempo ha perso la sintonia. Davanti a me, al posto del passeggero, è seduto un ingegnere stradale della ABC (l’ANAS boliviana), mentre alla guida c’è un autista abbastanza “stremìt”. I due son partiti alle 6 stamani dalla capitale su interessamento del don Antonio (che ha sguinzagliato il ministro, che a sua volta ha sguinzagliato l’ABC) per vedere cosa poter fare per costruire/sistemare una strada che colleghi alcuni pueblitos (villaggetti) periferici della parrocchia ad una strada un po’ più principale e permettere loro così di sviluppare un po’ meglio i loro traffici.
[flashback]
[In quel tempo eravamo arrivati nel sopralluogo ad un punto dove la strada di interrompeva e là radunati c’erano una cinquantina tra uomini e donne, con cani, lama, asini, ecc, che ci avevano accolto come fossimo Cristo tornato sulla terra.
– Buenas tardes ingeñero
– Buenas tardes compañero
botta e risposta x 50 volte, con 50 strette di mani sempre lerce. D’altronde mica potevo stare a spiegare 50 volte che non ero io l’ingegnere… Dopo il pranzo (patate a iosa e un pezzo di carne dal sapore di pecora) gentilmente cucinato sul posto e gentilmente offerto, com’è loro usanza, l’ingegnere quello vero, dopo aver sanato gli storpi e moltiplicato i lama, si era messo ad ascoltare la folla (le parole più ricorrenti: ingeñero messo al termine di ogni proposizione, anche le incidentali, e suffrimiento dicono già tutto della spagnoleggiante ampollosità barocca del loro normale incedere discorsivo). Poi aveva detto la sua, spiegato il perché e il percome, raccolto altri dati smanettando con il gps e infine deciso il da farsi. Ottimo lavoro di un cristo postmoderno].
Il cielo è ormai buio, gli ultimi residui di bagliore all’orizzonte si affievoliscono come una candela ormai sopraffatta dal tempo. Alla nostra destra compare maestoso lo scorpione, davanti il grande carro con il suo grande carico rovesciato chissà dove nell’altro emisfero, alla nostra sinistra il solito Orione semisdraiato fa la guardia al sud-occidente. È sempre curioso e inquietante guardare le costellazioni familiari anche nei cieli boreali in queste posizioni insolite…
Ma un chiarore alle spalle inizia a farsi insistente, mi volto: è la luna quasi piena all’orizzonte, immensa, sembra un vecchissimo tango (quei bei palloni di una volta) col quale han giocato tutti i cani del cortile e sul quale un bimbo si è seduto sopra per un pomeriggio intero chiacchierando con la vicina carina.
Eh certo che è quasi piena sta luna, era piena stanotte quando dalle quattro in avanti la sua luce ha illuminato a giorno la mia stanza, ché quasi mi potevo alzare a “fare le polveri” senza bisogno di altra luce artificiale.
Col passare dei minuti, il rimpicciolirsi del suo diametro apparente, l’intensificarsi della luminosità si cancella pian piano gran parte del firmamento, mentre però finalmente all’orizzonte compaiono le luci di El Alto quasi a formare un immenso muretto di cinta, con i relativi “ragazzi del muretto”. El Alto, città nata e cresciuta a ridosso di (anzi, addosso a) La Paz, un milione di abitanti che si aggiunge al suo altro milione, un caos indescrivibile a qualsiasi ora del giorno. Una ex-baraccopoli sull’altipiano al degradare del quale inizia la capitale. Due città diverse nell’animo, nel clima atmosferico e umano, ma forse solo due facce della stessa realtà.
Nel frattempo il mio cellulare quasi scarico si connette alla rete e scarica le ultime email della giornata, leggo mittenti e incipit: Vale mi avvisa che se chiamandola la troverò spenta è perché ha il solito impegno del mercoledì, Patrizia mi dice che è stanca e racconta un pochino della situazione a scuola, Francesco mi confida che non sta attraversando proprio un gran periodo… la mia serata si colora anche delle emozioni altrui.
Chiedo all’ingegnere dove si fermano, mi dicono che sono diretti alla zona sud (bellissima) di La Paz. La mia destinazione è invece Munaypata, periferia nord, più vicina ad El Alto che al centro della capitale. Quindi mi faccio lasciare ad un semaforo dove avvisto dei taxi. Chiedo che posso fare per ringraziarli del passaggio, mi sorridono dicendo: “nada!”. E meno male, è stato un pacco viaggiare con due sordomuti, ci mancava solo che mi chiedessero qualcosa… Mi sdebiterò con dei cioccolatini e un bigliettino recapitati al loro ufficio del centro cittadino, dai. Alla fine sono stati gentili.
Piglio il primo taxi, chiedo quanto, il tipo mi dice cinco pesitos. Il viaggio è breve, e 5 boliviani sono più che onesti. Ne tolgo 10 con l’intenzione di lasciargli il resto. All’arrivo ringrazio, pago e faccio per uscire. “Venticinque pesitos – mi dice – questi son dieci”. “Beh, ma lei mi ha detto cinque, posso anche aver capito male, ma per un viaggio così la Milenio (la concorrenza) mi fa pagare non più di 15”.
La regola del cerino non sbaglia mai…
“Se poi mi sentissi arida nella mia orazione, procurerò di aiutarmi con qualche sentimento o letto su un libro o ruminato nella mente” queste le parole di Santa Bartolomea Capitanio che leggevo ieri sera in un momento di preghiera con amici sul divano di casa mia.
Leggendo la descrizione del maestoso paesaggio che ti circonda ho trovato molta poesia e molti sentimenti , Grazie! li userò per dire grazie…(si ok, sentimenti e pensieri non ruminati nella mia mente ma scritti su un Blog …va beh all’Epoca di Bartolomea ormai due secoli fa non si comunicava ancora così… e oggi c’è chi si adegua rifuggendo l’inezia che procura la tastiera e accantonando la vecchia penna ad inchiostro…).
“Guardando le cime dei monti si ha l’impressione che la terra si proietti verso l’alto, quasi a voler toccare il Cielo. In tale slancio l’uomo sente in qualche modo interpretata la sua ansia di trascendente e di infinito ” (diceva un uomo che è quasi santo..)Se ammirando il panorama che hai ogni giorno di fronte (e dalle foto pare a dir poco affascinante..) ti accade solo in minima parte ciò, sei nel posto giusto al momento giusto..gustati ogni secondo di questa tua avventura…
S.
La regola del cerino non sbaglia mai.. se sei amico di un cerino non prenderai mai fuoco mai non lo sai… (così come diceva il profeta della dance Max Pezzali)…. 🙂
Questa della regola del cerino me la devi spiegare…
fregato una volta…