Non è che volevo proprio scappare per il compleanno, ma non tutte le cose casuali vengono per nuocere. Fuga a Barcellona senza sapere bene bene il perché, a trovare Ola principalmente e per vedere se riesco a recuperare Giacomo che però pare a Roma, non riuscendo poi ad inviargli email né a contattarlo in altro modo, getto la spugna. Ma…

L’aereo da Orio è strapieno. Dietro di me alla fila dell’imbarco c’è una faccia conosciuta di cui non ricordo il nome, salendo sull’aereo le chiedo per favore che mi dica che mi conosce, perché l’ho già vista e sono in fastidio a non ricordarmi chi sia.

– Gmg 2005, neh? Diego?
– Sì. E tu?
– Francesca.
– Cacchio, sì.

E parte la caccia ai ricordi e agli aggiornamenti sulle persone conosciute. Piccolo ritorno in Italia il suo a salutare la mamma e di nuovo a Barcellona a studiare, quinto anno di architettura. Come passa il tempo, era una ragazzina dell’ultimo anno del Sarpi. E, sì, in effetti il mio pelo era completamente colorato. Mi porta in città ad occhi chiusi, pullman, metro, e ci salutiamo con la promessa di reincontrarci presto. Intanto vado da Ola, un po’ con le indicazioni sue e di altra gente, un po’ con l’intuito e un po’… con Google maps. Risponde al citofono, salgo, mi apre la porta coi suoi capelli mossi bagnati, maaaai fare questi scherzi ad un maschio, o forse è un segnale da cogliere? Un italiano e una polacca che parlano spagnolo, a volte inglese quando non si capiscono (due lingue che lei parla perfettamente assieme al polacco e al serbo e inoltre mastica italiano e francese), perché purtroppo lo spagnolo di Spagna e quello della Bolivia no siempre caban, però che risate a prenderci in giro con il vosotros e l’ustedes.

Giorni stupendi con una persona stupenda e mi chiedo come altrimenti avrei potuto conoscerla se non in casa di un’altra stupenda collega e amica. Ci raccontiamo e aggiorniamo il bello e il brutto delle nostre vite con una naturalezza incredibile e senza alcun imbarazzo (che tra l’altro è una di quelle parole che da una lingua all’altra non è possibile tradurre così a botto), la seconda sera finiamo per cenare alle 23 per una zuppa che tarda a cuocere, quella successiva per cause di forza maggiore riusciamo anche a tornare a casa un po’ storti dal bar di Picasso and co. per una sangria, salvati solo da una parmigiana, poi c’è la sera del pesto, con un basilico autoctono che…parla. Incredibile come in un appartamento di 50 mq ci sia di tutto e di più, con un gusto nell’arredare e personalizzare. Se la casa è lo specchio di chi la vive c’è da divertirsi nelle interpretazioni. Ho scritto “interpretazioni”? Già, perchè in pochi giorni mi s’è aperto un mondo su un sacco di cose, le visite al museo con le letture loweniane della postura e delle espressioni del volto (con inevitabili ironie connesse), i suoi racconti di vita vissuta di cui ci sarebbe solo da scrivere un libro o farne un film, ma “risulterebbe troppo inverosimile” dice. E in effetti, cavolo, se dovessimo mettere assieme i chilometri che questa ragazza s’è fatta nella vita, anche in autostop da una città all’altra, da una nazione all’altra, gli incontri fortuiti che le hanno cambiato la vita, le situazioni in cui s’è venuta a trovare, le circostanze di un amore scivolato nella proiezione di un pericoloso futuro, beh, c’è da rabbrividire. “Non esiste la casualità nella vita”, mi ripete, sicura di quel che sta dicendo e anche un po’ zen (ogni tanto…). Questa frase l’ho sentita mille volte senza però mai crederci del tutto. Sarà. Certo che se alle casualità o meno della vita non si reagisce con un po’ di slancio… pota.

Lascio a fatica Ola per andare a Bruxelles, partendo in ritardo da casa sua per l’aeroporto, la verità è che ho fatto di tutto per perdere il volo ;), ma alla fine il destino o chi per lui ha voluto così. Una corsa dietro l’altra, riassaporando dopo un lungo tempo il gusto dell’incertezza di riuscire nell’impresa di essere più veloce del ritardo, arrivando trafelato all’imbarco per ultimo con il display che dava “last call” e le signorine che strappavano gli ultimi biglietti. Le scrivo un sms per ringraziarla ancora una volta di questi bei giorni e volo a Charleroi, Belgio. Secondo capitolo.

Volo perfetto se non fosse per un bambino indemoniato che emetteva urla sovrumane. Arrivo, città sconosciuta, ormai dopo una sessione intensa di solo spagnolo mi trovo a dover formulare frasi in un’altra lingua. Il francese c’è un po’ poco (se lo leggo, non sempre se lo ascolto), è più che altro un antico ricordo che ci ha forgiato il carattere in tenera età, ma la Fracassetti (la prof) che potenza. L’inglese invece è una lingua che ormai pur capendo ancora benino (ma dipende da chi la parla) mi esce però a tratti. E quindi sono un po’ in difficoltà. L’assurdo è quel che ne risulta è per esempio che chiedo informazioni in spagnolo quando potrei benissimo farlo in italiano. Piglio il pullman per Bruxelles, come sempre un salasso sti trasporti dalle cittadine degliaeroporti Ryanair alle città principali. Intanto chiamo e richiamo, invio sms, ecc. per cercare di essere ospitato nella stanza di Maria che nel frattempo è in Italia. Dopo qualche tentativo riesco a contattare Tiziana, ci mettiamo d’accordo per l’incontro, mi scrive che vedrò alla fermata una tipa con una farfalla sulla maglietta. Con lei ci sono Caterina e Lori. Ero stato avvisato che sarei finito in un appartamento 100% femminile… ma non è un problema mio… se non è neanche loro, siamo a posto. Accoglienza strepitosa, inattesa. Cioè, qui non è mica come in una pessima barzelletta sulle suore… Mi mostrano la casa, la stanza. Escono e mi invitano a raggiungerle dopo la mia doccia, se voglio. E certo che voglio. Arrivo in centro, ci ritroviamo e al gruppo si aggiunge un ragazzo che si presenta come Giovi, ma in realtà il suo è un nome che inizia per K nella lingua dell’Azerbaijan. Almeno ripristiniamo un po’ gli equilibri di genere… Tifoso interista mi racconta della avventura a S. Siro un giorno per vedere il match contro la Roma. È qui a studiare politica internazionale sperando in un posto da diplomatico o qualcosa di simile.  Già che siamo in tema di presentazioni ci sarebbe da fare perlomeno una carrellata le ragazze che abitano la casa. Ci sono due irlandesi che si mangiano l’inglese che parlano (e infatti la linea sembra risentirne pesantemente), c’è una austriaca scappata dalla Microsoft e talmente folgorata dall’esperienza -o dall’amore forse- che non esce mai dalla sua stanza se non per andare in bagno, poi c’è Lori, una ragazza alban-americana, splendida nel coniugare semplicità e una scaltrezza esperienziale  (c’è da rendersi conto che, in tema di viaggi per es., nello stesso periodo  in cui io facevo Milano-Alghero decine di volte per lavoro, lei, dieci anni meno dei miei, faceva Deitroit-Johannesburg per piacere), dulcis in fundo, Tiziana, la ragazza della farfalla, siciliana in fase di consulenza presso la commissione europea, detto sicula detto quasi tutto: ospitale, carina, solare, adrenalinica, eterna indecisa quando si tratta di comprare qualcosa… Tiziana è con Caterina, sua amica di Roma in visita e siccome la mia visita è stata una mezza sorpresa per lei… beh, si unisce il dilettevole all’utile e si va in giro all together cercando di non parlare italiano perchè altrimenti Lori… Posso dire di non essere mai stato solo in questi giorni e che bello… di fronte alla prospettiva di andare in una pensione e di arrangiarmi e ritrovandomi invece già più o meno tutto predisposto da Maria e anche trovando una come Tiziana che non s’è risparmiata niente per accogliermi al meglio. Il resto del racconto sono giri per la città, birra belga, le famose patatine fritte due volte, il puttino che fa la pipì, e ieri la splendida Bruges (che non poteva che avere un nome con la B), dove non c’è neanche un’anima che parla francese, ma tutti parlano Fiammingo. Maria is arriving, vado ad accoglierla alla stazione. Che bello invertire i ruoli ogni tanto.