Insomma Aliocha è finito pure lui in convento, va bé.
Son sotto le coperte a leggere un libro in castellano con la speranza di impratichirmici un po’ più in fretta. Lucetta tattica in fronte (gran bel regalo di alcune colleghe… illuminate :D) e via. Un capitolo per sera e entro Agosto dovrei finire. Indovinello: che libro è? Per chi anche solo ne ha sentito parlare, il nome del personaggio citato dovrebbe risultare decisamente evocativo.

Questa sera a cena si parlava di sacramenti; no, non dei porconi che si “tirano giù”, ma di quelle robe che noialtri cattolici ci spariamo ogni tanto per non perdere l’abitudine a considerarci piccoli e bisognosi. Ci chiedevamo: com’è possibile far capire a queste persone le basi e il senso dei sacramenti? Al di là della mancanza quasi assoluta delle 2-3 categorie filosofiche necessarie (cosa condivisa anche dalla maggior parte dei nostri italiani fedelissimi alla messa domenicale, che però almeno hanno a memoria il catechismo di Pio X), qui c’è un problema culturale di fondo.
Ieri hanno ammazzato a calci un giovane dopo un litigio, oggi prima di portarlo al cimitero hanno chiesto al don di benedire la salma. Beh, la mamma pareva più preoccupata del fatto che non fosse battezzato piuttosto che dei due nipotini rimasti senza padre. Roba d’altri tempi… il limbo e tutto il resto. Ma la dice lunga questa storia, anche di quanto la comunità si faccia carico con naturalezza di situazioni del genere quando capitano.
Insomma la mamma ha aperto la cassa del figlio e ha chiesto al don di battezzarlo. “Normale qui – mi dice lui poi – pensa che a volte capita che siano tanto preoccupati che uno muoia non sposato, che mi chiedano pure di unire in matrimonio una persona viva e una cadavere”. “Ma dai, mi prende in giro”, pensavo invece no. Vaglielo a spiegare il senso dei sacramenti. “Io accolgo te, [mio caro defunto fidanzato], come mio sposo, con la grazia di dio prometto di esserti fedele sempre [e grazie al piffero] nella gioia [di non sentire più la tua voce rompere i marroons] e nel dolore, nella [passata] salute e nella malattia e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita [e infatti non è mica la mia che è finita…]”. Ops, c’è qualcosa che non torna, oltre al morto che non parla e non firma (tecnicamente), il bacio non corrisposto, le foto senza il sorriso di circostanza, almeno spero. Beh, dai, però altrettante cose sono a posto: il vestito c’è, i testimoni ci sono e volendo anche il riso non manca, basta fare un giretto in cucina.

Sì, i sacramenti, buona notte al secc(hi)o.

Per il resto domenica tranquilla. Silenzio radio tutto il giorno (domenica è pur sempre domenica) per cui i cellulari – per dirla alla don Antonio – “non entrano” e mannaggia neanche il mio caro lento internet (che domani c’è l’iva in scadenza). Esperimento “lasagne a rate” riuscito, ieri il ragù, oggi la besciamella, l’assemblaggio e la cottura. Per la qualità della materia prima direi che è riuscito non egregiamente, ma bene. Mentre setaccio la farina nel pentolino mi scappa l’occhio sulla confezione: farina lievitante, leggo sotto e c’è scritto che x dolci e altri preparati non serve aggiungere lievito. Mmm… Eccheccacchio: se è vero ho capito il motivo dell’insistente meteorismo post-gnocchi e se invece non è vero lo potrei scoprire facendo una tortina di fortuna con quello che c’è.

Intanto le teglie sono in forno. Passano i minuti, le mezz’ore ma… “crudeee”. Uhm…’sto pirla di un forno a gas mente spudoratamente sulla temperatura. Beh, dopo un’ora e mezza una teglia è vuota, ma la cottura un po’ al dente, come si addice per tutta la pasta, tranne che per la lasagna.

Tardo pome, scatta l’operazione torta. C’è la mitica farina, ci son le uova, c’è una confezione di panna della Lidl (sì, viene dall’Italia, proprio così) scaduta da quasi 2 mesi ma sembra ancora buona, benedetto freddo, c’è lo zucchero e c’è una specie di nesquick locale che nessuno qui si fila, per cui ecco trovato un senso alla sua vita. La forchetta si trasforma in frusta mentre il forno bugiardo si scalda, mi scappa l’occhio sulle noci… ma no dai, mica che poi si dia colpa a loro se la torna non viene. Impasto nello stampo e stampo al calduccio (beato). Dopo mezz’ora a 180 gradi teorici la torta sembra una mousse però un po’ più alta lo sembra davvero. Alzo a 250, sempre teorici. Dopo un altro quarto d’ora il Samurai professionista non perdona… ed è asciutto! E, cosa ancor più sorprendente: la confezione della farina è sincera. Questa farina e questo forno sono i classici opposti che si attraggono.
Domani esponiamo le pubblicazioni, stampiamo le partecipazioni e…fin che morte non li separi.