Ci sono cose a volte che colpiscono i sensi, anche per un battito di ciglio, ridando prepotentemente vita nella mente a persone, momenti, circostanze sepolti dal tempo nei meandri. Come il famoso dolcetto decantato da Proust, un sapore antico che rende presente tutte le immagini e le emozioni di un frammento di passato. Così l’altro giorno tornavo a Viloco con l’auto nuova carica di merce sul cassone e di ragazzi/e nello spazioso abitacolo e -miracoli della tecnologia- con la radio accesa, che però sull’arco andino (come spesso su quello alpino, neh…) non è che goda di grande ricezione. Arrivati al secondo passo lo scanning si ferma su una stazione sconosciuta alla quale stavano dando Weak delle Sister With Voices (SWV), una madeleine che non ce ne poteva essere una migliore -alle sue prime note- a squarciarmi improvvisamente tutta la colonna sonora black della mia adolescenza e a ficcarmici dentro con la forza. Gli anni dove la domenica pomeriggio c’era la cioccolata con panna all’oratorio e poi di corsa a casa a fare la borsa perché poi gli aficionados s’andava a vedere la Foppapedretti al Palazzetto prima di farmi dare uno strappo alla “casa con le ragnatele ideologiche” in Città Alta. Là attendevo con ansia la certa ora della sera nella quale infilare sotto le coperte le membra stanche e nelle orecchie gli auricolari del mitico walkman per godere dell’acuto Oldani back on radio che orchestrava in differita la classifica R&B della settimana nella quale comparivano voci e formazioni nere del calibro di En Vogue (“Dooooon’t let goooo”), TLC (“Give you a red light special all through the night“, “Don’t go chasing waterfalls…”, “Creep! ola ola olaaaa”), SWV (“I get so weak“, “Where is the love that you promised meee“) , All Saints (quelle di Never Ever, mica di Lady Marmalade, con tutto il rispetto), Toni Braxton (ma quanto è bella “Unbreak my heart”), Brandy & Monica, R. Kelly (“I believe I can fly, uh, I believe I can touch the sky”), Janet Jackson, Boyz II Men, Whitney Houston (hallada sin vida en su cuarto en un hotel de Beverly Hills a la edad de cuarenta y ocho años, recitava con troppa freddezza l’altro giorno la cronaca, poveretta…), Mariah Carey, la voce più estesa della storia della musica, e tutte le altre che mi sto dimenticando, maaaamma che brividi…
Come quello che mi percorse la schiena quando seppi che Left Eye, la “L” delle TLC, che faceva maledettamente personaggio nelle apparizioni pubbliche con quell’occhio sinistro sottolineato di nero, era morta in un incidente. Va bè, adesso s’è reincarnata nella mia gatta e me la spupazzo per bene ogni volta che miagola in cerca di coccole.
Chissà mai che anche la Whitney scelga di tornare sulla terra in qualche altra forma di vita…