Le valige sono chiuse e nell’unico angolino libero della stanzetta di Munaypata, La Paz, erano così anche a Viloco sabato e domenica, con fuori solo qualcosa per l’igiene personale, macchina fotografica e computer, l’essenziale per arrivare a ieri mattina cercando di documentare i miei ultimi giorni di vita sulla cordigliera. Ripenso che tra le cose lasciate fuori, una provocazione, non c’era il pigiama, che da mesi come da intima tradizione son tornato a non usare neanche lassù al freddo dopo aver scoperto che in mutande e magliettina termica il letto si scalda più rapidamente… Abbiamo delle coperte termiche… (lo dico per tutti coloro che volessero venire a far visita a questo campamento minero boliviano), entrambi le abbiamo sempre detestate, non tanto le coperte in sé quanto proprio il concetto. Ognuno, dopotutto, ha le sue fisime, no? 😉
E lasciateci in pace!
Qui in sudamerica (da cima a fondo, pare e contrariamente alla Spagna dove si usa vale), per dire “ok, va bene, a posto”, usano la parola listo ed è la parola giusta per essere la penultima in qualsiasi situazione in cui ci si vede, magari a mettersi d’accordo per qualcosa, ma anche dopo un breve dialogo di aggiornamenti e saluti. E pure è quella giusta per titolare il post un po’ malinconico di oggi.
Listo per l’impianto elettrico della chiesa di Bajadería. Venerdì sono stato a paciugare con i cavi (da solo, nel sottotetto, meno male che tra i tanti difetti non sono almeno claustrofobico), ma poi il muratore s’era messo a fare altro che spaccare i punti per far passare le canaline e… mica potevo spaccare la chiesa io, son tornato Sabato mattina a terminare il lavoro, ma il muratore è hermano sabadista e il Sabato non lavora, ma neanche la domenica, che fortuna, quindi ultimo giorno di corsa… domenica con l’aiuto suo (tirato giù dal letto) e di Gerardo, s’è potuto mettere in piedi il grosso, poi “per quello che rimane faranno quelli della comunità”, dicono, con le poche accortezze già espresse, ma secondo me erano in grado anche di fare il resto senza far tribulare noi per 3 mattine…
Lo spunto è per raccontare di questa comunità che sorge appena sopra Cairoma e che negli anni scorsi s’è autotassata per costruire il proprio tempio (per il culto cattolico). Tutti quanti: cattolici e non. Ovviamente, come da copione, sotto minaccia di multa. Tassa unica: 800 boliviani per famiglia, se non paghi, multa di 1000 boliviani con iscrizione nel libro dei cattivi. Ovviamente, peccato, nessun avventista del settimo giorno o evangelico delle assemblee di dio ha osato dare un segnale di rottura pagando la multa piuttosto che la tassa per un bene che mai andrà a suo vantaggio, come fosse un’obiezione di coscienza (legittima). E forse meglio così, perché qui il concetto di obiezione di coscienza non sarebbe poi nemmeno capito, non solo disprezzato (che coglione che sei, potevi pagare 800 boliviani ne hai persi altri 200, così ragionerebbero, senza intendere la questione di principio, certo che qualcuno prima o poi dovrebbe iniziare a farsi dare del coglione). Ma qui bisognerebbe aprire una digressione sul concetto di “comunità”, sui suoi metodi coercitivi avallati dalla costituzione, e sulla privazione di libertà per i singoli, ma… forse in un’altra storia.
Cronaca spiccia
Domenica, dopo il lavoro (e – per il don – dopo il corso in preparazione ai battesimi), tornati, pranzato, pronti per la messa. “Vuoi dire due parole di saluto alla comunità?”, “Ma sì, dai, l’importante è che poi non inizino a voler parlare tutti come da costume, perché altrimenti non la finiamo più, quindi due parole brevissime in cui saluterò, tu attacchi immediatamente la benedizione e io attacco immediatamente dopo il canto finale, ok?”. Strategie di sopravvivenza. Tanto poi le donne stavano preparando la huatia e avrebbero tempo di parlare più tardi se avevano voglia. Comunque l’intenzione era quella di ringraziare mangiando qualcosa assieme (perché in questa cultura è così, molto più che nella nostra) e sparire piuttosto in fretta. Una cosa tipo la huatia degli Huanca, sabato sera, che mi aveva fatto rotolare nel letto dalle 2.36 fino all’alba… Ecco nemmeno per la notte seguente avrei voluto perdermi almeno le 4 orette di sonno iniziali. Finita la messa, due parole, benedizione, scambio di pace finale, mi siedo per attaccare il canto e il don: “No, non sederti, va’ a dare la pace a tutti…”. Era un ordine. Con obbedienza ovviamente interessata. Huatia a seguire come da previsioni e fuori i ragazzi del gruppo giovanile che aspettano, chiamano con una scusa, strempiano, aspettano, chiamano con un’altra scusa, strempiano, … avevano preparato la loro festa, su splendida idea (e finanziamento, credo) di qualcuno, senza mettersi d’accordo con le signore della comunità (stupide anche loro che sapendo della preparazione dei ragazzi hanno comunque scelto di fare prima la loro) e così sono stati penalizzati con i tempi (sul prima e pure sul dopo) e hanno speso altri soldi che potevano risparmiare per qualcosa di più utile che non un doppione. Va bè, il cazziatone non è per loro che si sono impegnati oltremisura, ma alla brillante ideatrice della cosa. Anche perché sul più bello, dopo due balli analcolici (con relativo “visto che si può…?”) e dopo avermi sbattuto la torta in faccia come da tradizione, mi hanno chiamato fuori altre persone per altri saluti, la chiacchiera s’è protratta un po’ e loro, pensando che me ne fossi andato, hanno pulito a tempo di record tutto il casino (e la panna lanciata che non aveva colpito i bersagli mobili), hanno chiuso e se ne sono andati a casa con la festa praticamente lasciata a metà. Quando son tornato e ho trovato tutto chiuso e spento m’è spiaciuto un sacco. Chissà che per la prossima volta non imparino ad organizzarsi o a evitare di accettare caramelle (certe idee) da estranei.
Lunedì: di prima mattina con un manzoniano “Addio monti” nel cuore (anche un “addio micia”), via con le valigie a La Paz. Una sosta-thimpu (piatto tipico con carne di agnello) a Patacamaya e arrivo nel pomeriggio. Doccia, lavatrice, salto in città sfidando il giorno feriado per alcune commissioni, 3 su 5 realizzate, ottimo.
Martedì: giro turistico per la città con alcuni visitanti. La città è invasa da manifestanti per il corteo del primo maggio della Central Obrera Boliviana. Tutto chiuso o quasi. Anche San Francisco e la Plaza Murillo, blindata su ogni lato dalla polizia in tenuta antisommossa. Non c’è stato verso di pregarli per fare entrare 3 turisti con la faccia bianca e una inoffensiva ragazzina di Cochabamba…
Mercoledì: si vola a Tarija, poi i programmi si perdono nel nulla, o quasi.
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