Mercoledì 27: in giro per La Paz a fare commissioni e compere. Prima alla Entel, compagnia telefonica che pare prenda a Viloco… bene bene, oppure male male, non so ancora. Ai posteri…

Giovedì 28: gita con 150 diciottenni, a Copacabana, che non è la spiaggia di Rio ma è comunque un gran bel posto sul gran bel Lago Titicaca. Partenza alle 5.30 con 5 baby-pullman dopo una notte quasi in bianco dovuta al fatto che i 150 hanno pernottato lì in parrocchia, dopo una serata di giochi talmente stupidi che dei normalissimi diciottenni italiani avrebbero boicottato sicuramente. Albeggia.. L’ennesimo controllo per vedere che ci siano tutti, finalmente si parte. Sui pullman dormono tutti tranne -per fortuna- gli autisti, che portano sani e salvi sul lago. Scendiamo dai pullman dopo 112 Km, ci imbarchiamo su delle lance per raggiungere una penisola e riprendiamo i pullman, anch’essi caricati su delle chiatte… Un’altra cinquantina di km su una bellissima strada che lascia intravedere il lago. Arriviamo a Copacabana dove c’è un bel santuario mariano. Messa veloce, i ragazzi sembrano più devoti all’acqua benedetta che a Gesù e Maria. Puntiamo al calvario, una collinetta con una salita breve ma impervia e una pendenza che solo a guardarla mi vien male. Partiamo, dopo 15 minuti siamo in cima, senza fiato, d’altronde 200 metri di dislivello a quota 4000 si sentono. I ragazzi si sono portati dei sassolini, simbolo dei loro peccati, che al termine della salita buttano all’altare. Mi siedo stremato, mi tolgo qualche indumento per “respirare” sfidando la brezza gelida. Una ragazza con due sue amiche, mi guarda e -mossa a pietà- mi offre un bicchiere del peggior succo di frutta io abbia mai bevuto, ma che probabilmente mi ha salvato da una crisi ipoglicemia (colazione alle 5… dopo notte insonne, è mezzogiorno, la sfacchinata sotto un sole “piccante”, beh…). Foto di rito, scendiamo per raggiungere la “spiaggia”, arriva il rancio e il pomeriggio passa tra riposo, pedalò con guerra di schizzi, ecc. Al termine della giornata ritrovo le ragazze che mi hanno salvato la vita e cerco di ricambiare il favore offrendo loro qualcosa nei vari chioschetti. Niente da fare. Però riesco almeno a farle ridere come delle pazze dando loro la mia macchina fotografica e facendo pose cretine. Non l’avessi mai fatto. Documentazione (con la materia prima della mia faccia di m…enta abbrustolita dal sole):

 

Qualche foto più seria invece… “Còpa-la-gabana”

Venerdì 29: Cochabamba, parte del gruppo-Bergamo (i missionari e i volontari bergamaschi che operano sul territorio boliviano) saluta mons. Angelo Gelmi, in partenza, dopo una vita in Bolivia, per Bergamo per curarsi e con la speranza di poter tornare. Sveglia alle 6.30, colazione, la Boliviana de Aviación ci aspetta in pista, parcheggio, check-in, imbarco e in 35min siamo a Cochabamba (in macchina ci avremmo messo 5 orette). Signor volo, per essere un volo interno con una compagnia piuttosto sconosciuta. A Cochabamba fa caldo, c’è una natura tropicale nonostante i 2500 mt, manca solo il mare; prendiamo un taxi in 5 (uno nel baule) e raggiungiamo la parrocchia periferica di Condebamba. Lì vivono don Sergio, don Eugenio, Daniele con la moglie Elisa e due bellissimi marmocchi in età prescolare e qualche altra ragazza in servizio civile. Giornata tranquilla con le solite cose da preti: messa, foto di gruppo, pranzo, pomeriggio in tranquillità e in fraternità. Due note di colore; la prima: le suore brasiliane a pranzo (ma come cacchio parlano? italiano, castellano, anche bergamasco, ma non le capisco in ogni caso…); la seconda: il giretto in centro; nella piazza centrale c’è folla, le forze armate schierate, passa un elicottero con una corda che scende e appesi tre tipi vestiti da teste di cuoio che sembrano più trapezisti da circo… è il Día del Derecho a la Recuperación Marítima (la Bolivia perse l’accesso sul mare in una guerra in cui arrivarono tutti ubriachi.

Sabato 30, ore 7.45 (adesso), si parte verso Viloco. Questa è la volta buona. Dovremo esserci per riuscire a pranzare un po’ più tardi del solito. Dispiace solo che a pranzo a Munaypata c’è Ivo con la famiglia… mannaggia.

CIAOOOOO