qualche anno in cui imparò da lei più che da molti altri nei quindici precedenti
ad incontrare le persone, a prendersene cura anche nelle piccole attenzioni
a non disprezzare le forme della presenza
e tuttora ne sente l’importanza e la sua ostinata fatica

un incontro quasi casuale in quella casa dove lei era più ospite che lui
ma che tutti sentivano propria
con quelle persone che son loro rimaste nel cuore
e a cui si fece instancabilmente vicina fino alla fine

simpatie comuni, intrecci irrealizzati, una pizza, una traccia telefonica
parole dette e scritte, conoscenza reciproca e condivisione
costruzione talvolta equivoca ma sempre onesta di un linguaggio
forse solo senza arbitri e un po’ isolati dal resto del mondo

reciproci sclerotismi stereotipati presto a incasellare rassicurazioni
ma a paralizzare l’accoglienza più piena delle moltissime diversità
freni a mano tirati in accelerazione, che peccato,
ma anche avvicinamenti sorprendenti di una lepre e un ranocchio, formica e cicala

una storia che muoveva i primi silenziosi passi con voglia e ingenuità
dentro un’altra che si chiudeva, dentro la difficoltà di prendere le misure a sé e al mondo
casomai un ventinove di maggio un imbarazzato inizio, un regalo idiota
una curiosa ripresa con un viaggio nel passato all’inizio di settembre

era un terreno inesplorato alla fine di quel novembre di compleanni
quasi una consacrazione, nella ponderazione del simbolico, rispetto e attesa
una sirena che accetta di non cantare per non far incagliare e morire
non finirà mai lui di apprezzare

le prime discussioni incendiate, l’uno prese ed uscì,
l’altra lo rincorse, afferrandolo per la giacca tirando forte
più forte la paura di perderlo dissimulata dietro il più nobile nome di amore
o chissà quale altro strano sentimento che rifiuta sane rotture di assestamento

su di loro la vasta ombra di un dilemma […]
il dilemma era quello di sempre 
un dilemma elementare 
se aveva o non aveva senso il loro amore

dura la sintesi di giri per il vecchio mondo, di sguardi all’orizzonte
di idee uguali, simili, diverse soprattutto sul senso della vita e sul futuro,
ma anche litigi, discrepanze, irritazioni, legnosità
distorsioni articolari con portafogli stupidamente volati

la benzina che non finì solo per intervento divino
i derby d’italia nella tana del lupo l’uno contro l’altra, punzecchiature simpatiche
piedi che camminarono mentre occhi -soprattutto- contemplarono arti eclettiche
e altri mille momenti unici, inclassificabili, irricapitolabili

chissà che fine avrà fatto quel certificato con i loro nomi conservato con tanta speranza
al termine di quella serie positiva di sabati sera
fino a notte fonda a parlare di valori e a mettersi in discussione
prova superata con un sei meno meno per non avere affondato, era da lui ma non da lei

chissà se per fantasmi terrificanti o per cristallina coscienza di un futuro intricato,
le medesime cose che forse dettarono il doppio colpo sulle gengive di quel dicembre
messico e nuvole, “prendiamoci del tempo”
“nnn ni”

e il loro amore moriva, come quello di tutti,
come una cosa normale e ricorrente

alla seconda circostanza c’era un macigno già caduto sulle loro teste
la lotta quotidiana per dare una normalità al presente, una flebile speranza di futuro
tra voli in ospedale e una prognosi impietosa
fino a quella convulsa notte di weekend, inizio novembre

“come posso io mollare così, seppure non all’altezza?” soppesò lui
“come può lui restare così, non essendo all’altezza? non può essere” calcolò lei
senza che prima i due manco si fossero messi d’accordo sulle unità di misura
nessuna premeditazione, solo un grosso scarpone attaccato all’amo

Questa voglia di non lasciarsi è difficile da giudicare 
non si sa se è cosa vecchia o se fa piacere. 
Ai momenti di abbandono alternavano le fatiche […]

fino a quella sera convulsa di inizio febbraio
dove l’ultima ottusa, strascicata incomprensione nascose la peggior frustrazione
e fece diventare quella l’ora in cui con angoscia e spasimo mai provati
dover prendere balbettando una decisione che inchiodò entrambi

ore impossibili da far passare, notti sgretolate, postumi di una storia sopita,
relazioni distrutte, occasioni di ritrovo o da evitarsi o impossibili da reggere
rancore indomito contro sconfinato senso di colpa
resterà almeno l’evidenza di una scelta drammatica ma corretta?

gli amici si chiesero, tacquero, insopportabile è stato e sarà intuirlo
mentre ciascuno già mette in piedi la sua vita alternativa e rincorre le sue meteore,
chi con cura le sue stabilità, chi con slancio le sue precarietà in Technicolor
due mondi paralleli si sono teneramente sfiorati per un’umana eternità

lui l’ama ancora? e lei?
ma che sarà mai l’amore per poterlo riacciuffare con un sì, per dargli un “ancora”
quando qualsiasi loro meraviglioso attimo è enormemente più degno di avere un’àncora
seppure gettata in altri mari, giacché quella può prescindere dal cuore

ma allora era amore o calesse? il dilemma rientra nello sterile campo dei “se”
il romanzo del quotidiano narra invece di pensieri positivi e oranti
forse solo a senso unico
ma non senza un senso
né senza speranza

vorrei riuscire a penetrare nel mistero di un uomo e una donna 
nell’immenso labirinto di quel dilemma.

casomai
nella libertà di un insondabile volteggio a due

(i corsivi sono di G. Gaber, Il dilemma, 1980)