Aeroporto di La Paz, sala di attesa voli internazionali.
Sbolognati i vari check-in, pagamenti di tasse e sovrattasse (che legnate), pagamenti di bagagli in eccesso (che papine), controlli di migración, narcotraffico, metal detector, full metal jacket, clockwork orange e pulp fiction (Ezechiele 25, 17) mi aspettano ore di viaggio e purtroppo quasi altrettante di attese aeroportuali.
Ieri sera una pizza in compagnia per i saluti, con distribuzione di letterine e qualche dollaro residuo a un po’ di persone, visto che sono una frana con i regali (e poi a Munaypata non manca proprio niente, neanche le donne che ho sguinzagliato per pensare a qualcosa che potessero consigliarmi di regalare non hanno prodotto niente di interessante) perlomeno le ma sono cavata con un pezzo di carta e una busta a spantegare ringraziamenti e auguri. Poi notte tempestosa: gente che fa casino fino ad ore improbabili, alle 2 grandine sul tetto, alle 4 sveglio per la pizza della Maria che era troppo buona per non farmi faticare nella digestione, un po’ anche la tensione del viaggio, certamente. Fatto sta che mi sono alzato, lavato, stirato, colazione, chiuso i bagagli, sistemato la stanza, messe le lenzuola in lavatrice, le coperte e il cuscino a prendere un’aria gelida mitigata un pochino solo dalle nubi, visto il notiziario TVE (tv spagnola) per vedere se domani a Madrid danno scioperi vari… niente di che, pare. Peccato, mi avrebbero cambiato il piano di volo che invece così mi costringe a fermarmi a Lima tutto il giorno in attesa del volo intercontinentale.
Beh, che dire, è andata. Sono stato bene perlopiù sotto tutti gli aspetti, anche se ci sono stati dei momenti in cui a livello gastrointestinale non sono mai stato così male in vita mia. Acqua passata ma me ne ricorderò.
“Volverás a Bolivia?” È stata la domanda più ricorrente degli ultimi giorni. “Non so, devo valutare un paio di proposte di lavoro che mi sono piombate in questi mesi dall’Italia, e vedremo, magari ci verrò in vacanza.” Risposta diplomatica che ha scontentato qualcuno, ma pirandellianamente, così è, se vi pare. A minuti si parte. Chissà se si arriva, chissà se si torna, chissà se… l’importante è non fermarsi, come sussurra tra le righe l’antenato Cristoforo: “navegare necesse est, vivere non necesse”, riporta un’epigrafe sulla statua che lo ritrae sul Prado a La Paz. Mitico, qualcosa di interessante l’ha detto anche lui, dai.
Aggiornamenti in tempo reale: aeroporto di Lima, quasi l’una locale, quasi le 18 ora italiana. A Torino la Juve festeggia lo scudetto, in attesa dei posticipi serali, nella bergamasca le campane dei paesi suonano per la messa, in Bolivia è quasi mezzogiorno, a Munaypata il padre Fausto starà finendo di riscaldare la lonza, a Viloco sicuramente il don avrà già mangiato e sarà in attesa di andare a riposare.
Nel mentre aspettavamo di imbarcarci a La Paz vedo, senza far caso alla lingua che usano, un gruppo di donne che parlano tra di loro. Sull’aereo alcune sono sedute sulla mia stessa fila e scopro che cavolo, parlano italiano, facciamo due chiacchiere di numero, dopodiché la nostra attenzione viene catturata un po’ dal sonno, un po’ dal figo che c’è sulla copertina della rivista di bordo, un po’ da Vicente, il bimbetto di un anno e mezzo che c’è seduto con la mamma accanto a me. Atterraggio, vado in bagno a darmi una sciacquata e uscendo son tutte lì che attendono di scegliere il posto dove accamparsi. Anche loro avranno un bel po’ di attesa prima di volare verso Parigi, o Amsterdam. Intanto scopro che esiste una presa elettrica europea, una connessione wireless e non ho più alcun dubbio su come ammazzare il tempo. E adesso ammazzo pure qualcos’altro, coi denti, perché lo stomaco mugugna.
Pisolino (con le lenti dentro), occhi rossi, le italiane di prima strempiano, mi faccio raccontare bene cosa hanno fatto in queste due settimane, però le vedo tutte belle contente… è ora di imbarcarsi per il volo lungo: due di qua, due di là e io sul mio.
Riaggiornamento dall’Italia.
È incredibile come negli aeroporti del terzo mondo ci siano connessioni wireless gratuite in tutti gli angoli e in quelli della vecchia europa siano tutte a pagamento. Ore 14 europee, l’aereo atterra a Barajas, Madrid, Terminal 4 prima volta là per me, un aeroporto gigantesco. Cinque minuti di trenino e venti di cammino ci portano a Terminal 4 Satellite, chissà quanto dista il Terminal 1… cacchio. E così le due ore di attesa passano volando, controllo passaporto, benvenuto nell’Unione europea. I passeggeri in transito di nuovo sotto coi controlli, via la cintura e giubbotto sotto lo scanner… ma cacchio, se arrivo da un aereo mi hanno già controllato, no? non è che nel frattempo ho rubato del combustibile fossile dall’aereo e mi son fabbricato una bomba, anche perché quel combustibile lì è lì apposta perché brucia ma non esplode. Passo sotto il metal detector e nel frattempo la signorina mi chiede se porto degli stivaletti, li porto, però passando sotto non suona niente. Eppure me li fa togliere, e li fa passare sotto lo scanner… madonna ma se non è suonata la porta magica, credi che abbia nelle scarpe un coltello da macellaio?
Puntatina in bagno, controllo mail, risposte, invio sms importanti, risposte, e imbarco. Molti gli italiani su quel volo, la prima sensazione che ho è che siano gente incazzata. Più rapida l’attesa che il volo, estenuante, anche se 2 ore, ma 2 ore pesantissime. Arrivo alla Malpensa, ritiro bagagli, beh, ci sono entrambi, esco dalla porta e vedo qualcuno che mi sembra di conoscere, uno due, tre dieci. I tribulini sono arrivati fino a lì per… a i è macc. Saluti e baci e mi scappa l’occhio e c’è anche la Vale (che in effetti abita a 5 minuti dall’aeroporto). Beh, qualcuno ha fatto la soffiata (i sospettati si limitano a due). Nel frattempo arriva anche l’amico Ciccio e si va a casa.
Toh, delle macchine che non sono toyota, toh, un’autostrada, toh, delle case finite, toh, delle siepi ben tagliate, toh, dei tetti di tegole, toh…
Il primo che vedo è mio cugino Rudy con il suo cucciolo William, vanno a prendere la piccola Viola lasciata un po’ dai nonni. Saluto i vicini dei miei, il loro figlio s’è sposato ed è appena tornato dal viaggio di nozze. Poi riuniti nell’appartamento dei loro babbo e mamma ci sono tutti gli altri cugini grandi con mogli e figli. Domande, risposte più o meno. La sintesi a caldissimo di un anno intero non è cosa semplice. Spuntano nel frattempo anche Chiara e Ale con la piccola Desi che è ammutolita di fronte a tanta gente…
Mi mancherebbero da salutare i cugini piccoli, tre della stessa famiglia ma non so se sono in casa o meno… troppo silenzio, strano da una casa sempre in movimento. Ormai si fa tardi e c’è ancora da metter qualcosa sotto i denti prima di andare a riposare.
“Apri il paracadute” mi consiglia Marco in una mail… lui già sa come funziona tornare dopo un anno di Bolivia… Beh, ha ragione. Le sensazioni sono tante e le emozioni ben gestibili fin ora, anche se mi pare di essere un’eroe rientrato da una guerra. E la cosa un po’ mi molesta. Molestia sopportabile, dai.
Brutto stronzo sappi che ti aspetto a Boltiere… 😉 ben rientrato fratellozzo, ho proprio voglia di rivederti!!!