Vi scrivo da questo posto fantastico (www.lacasacampestre.com) dove sono rifugiati da ieri e fino a venerdì un’ottantina di italiani missionari in Sudamerica (Bolivia ovviamente la più rappresentata, ma anche Argentina, Brasile, Venezuela, Guatemala, Perù, Ecuador, Cile; laici, preti, suore; giovani più o meno idealisti, ma anche meno giovani che tra le loro vicissitudini qui hanno nel curriculum anche delle pallottole, un paio di vescovi, una suora più che novantenne che ha fatto 60 anni di Sudamerica, ecc. ecc.); si sta  discutendo di missione, inculturazione, religiosità, gli errori del passato e le attenzioni da tenere nel presente e per il futuro. Chi dice che c’è da ricominciare da capo, chi dice che questi e quelli dovrebbero chiedere scusa per le castronerie che hanno fatto (magari parlare in prima singolare la prossima volta?), chi dice che la missione è da ripensare in toto, chi dice che dovremmo andarcene da qui perché non è più una missio ad gentes. Insomma ci stiamo trattando bene. In tutti i sensi. Climatico (nel senso dell’atmosfera familiare che si respira, ma anche perché fa calduccio), culturale, culinario, abitativo, ecc.

Oggi però sono sparito quasi tutta la giornata per fare un paio di commissioni e andare a vedere con Silvia la bellissima esperienza di Pietro ad Anzaldo. A pranzo ci racconta la sua storia e che ha avuto ospite da lui Stefano Accorsi (e ha chiesto a Margherita Buy “E tu… chi sei?”. Reazione spontanea: “Pietro, se io avessi davanti la Buy tutto il resto scomparirebbe…”). Pietro ogni giorno ascolta e cura nel suo ospedale, a costi contenuti, gente che non potrebbe permettersi altre possibilità di diagnosi e cura, gente che per questo viene da ogni parte della Bolivia, paese dove l’assistenza sanitaria gratuita non c’è, se non per i pazienti dagli 0 ai 5 anni. Ti fa male la pancia? Ci sarebbe da fare anzitutto un’ecografia e poi forse un’endoscopia. Costa tot. Ce li hai i soldi? Bene. Non ce li hai? Spiacenti. Avanti il prossimo. Da Pietro invece non succede così. Ad ogni modo forse neanche ci rendiamo conto in Italia di quanto siamo fortunati a dover pagare solo il ticket per qualsiasi cosa… E magari ci lamentiamo pure quando dobbiamo aspettare ore ad un pronto soccorso per un codice verde per una prestazione che poi ci fanno anche pagare… Beh, c’è qualcosa che non va.

Don Antonio e nipote invece sono impegnati, sempre qui a Cochabamba, nella predicazione degli esercizi spirituali sul tema della preghiera profonda, padri del deserto, pellegrino russo, ecc. con la quindicina di preti della Prelatura di Corocoro e con il nostro  vescovo Turibio (che di cognome fa Porco Ticona), settantaquattrenne con il suo parkinson che si mette a fare gli esercizi di respirazione o a fare ginnastica anche lui come i suoi preti più giovani… Va bè, domani sera per loro tutto finirà con un’ottima pizza 😀

Nel frattempo Silvia sarà partita. E son curioso di vedere come. Queste ultime due settimane passate con lei tra attese, avventure, risate, chiacchiere e scambi di esperienze e di opinioni, sono state tra le più tranquillamente proficue del mio mese n.ro 9.

Quanto a me sto bene, a parte un fastidio all’orecchio sinistro liquidato dall’otorino con delle pastigliette abbastanza utili anche se il fastidio permane, pur meno fastidioso. Diamo tempo al tempo e al calcio-antagonista e vediamo come evolve. Se qui a Cocha non piovesse costantemente si potrebbe fare anche una prova-piscina, ma… Per il resto, complice anche questo incontro con tante persone nuove, parla sempre di più di ritorno, di progetti futuri e confesso che la cosa inizia a turbare. In più qui, conoscendo anche i progetti di altri e facendoci due chiacchiere si aprono anche altri spiragli interessanti. Ad ogni modo la battuta che mi esce ripetutamente in questi giorni è: vado a casa, vendo la macchina e torno.

Quanto al nostro lavoro, tutto regolare, anche se con poca gente in parrocchia; stiamo discutendo-rivedendo-ridefinendo un po’ di cose del lavoro parrocchiale / Kantutitas, sognando un futuro a sei mani (ma anche ad 8): la politica di distribuzione dei recibos alle famiglie, gli accordi con l’ospedale e i medici che ci seguono, alcuni criteri di presenza e l’avvio di progetti che c’erano nell’aria e là son rimasti. Ricominciano le scuole a Febbraio e con esse anche il nostro percorso di educazione sessuale con i più grandicelli delle superiori. E poi vediamo come butta.

Nel frattempo, prima del nuovo volontario, che pare sarà il regalo di… metà quaresima, è arrivata a La Paz la nuova macchina che speriamo non ci faccia rimpiangere quella vecchia (la Bestia, come la chiama ma Vale di Tribuz), di nuovo ricoverata dalla Moira.

Va be’. Che altro? Mi verrà in mente qualcosa di importante di cui parlare? Mah… Aggiungerò nel caso.

Per esempio ci sarebbe da fare una versione 2.0 del capitolo Nelson…

Il telefono nella stanza dove dormo interrompe le russate di Giavarini, mio compagno di stanza di questi giorni, mentre la pioggia pian piano smette di scendere dal cielo ma continua a rumoreggiare cadendo dalle migliaia di foglie delle decine di alberi che ci circondano. Sarà meglio che sfrutti questo momento senza tuonate umane per cercare di addormentarmi pure io.