Ho dovuto creare la nuova categoria stupidaggini per questo post…
La lettera in assoluto più difficile da pronunciare e forse non solo in Italia. Lasciamo perdere le pronunce alla francese e all’inglese, che non sono vere pronunce di Erre tremolante. A tal proposito, per inciso: un mesetto fa a Patacamaya abbiamo assistito ad una serie di charlas di uno studioso francese che ovviamente parlava castigliano. Mi incrocio con il don all’uscita e gli dico: “Beh interessante, no?” e lui: “Non ho capito un accidente, ma come si fa ad invitare un francese a parlare spagnolo…”. Sembra una barzelletta. In effetti, sentire un castiglian-boliviano con la Erre francese è stato tanto interessante quanto inizialmente incomprensibile, ci si è dovuti fare l’orecchio.
Un suggerimento ai vari C.S.I. Miami, NY, Las Vegas, o al N.C.I.S. o al RIS e a tutti quelli che fanno indagini forensi, anche al grande Bartoli, il mio inquirer di fiducia. La tecnologia che ha fatto fare passi da gigante anche a questa disciplina è avanzatissima, ma ancora deficiente. Per esempio manca un software di riconoscimento delle R (e ovviamente ai database dell’Interpol manca la catalogazione del modo di pronuncia delle R elle persone schedate). È un’impronta inconfondibile di ciascuno, un unicum, un po’ come le impronte digitali. Ciascuno ha la sua erre, prodotta dalla sua unica conformazione dell’apparato oro-fonologico (bocca, denti, lingua, articolazione mandibolare, e ovviamente da quella del cervello). Pensate a quanti casi si potrebbero risolvere (nei film, dico) nell’analisi di una telefonata o di un’intercettazione ambientale dove chi parla ha un dispositivo di modifica vocale…. Magari anche gli episodi dei vari serial durerebbero un po’ di meno e non sarebbe male.
Prima di catapultarmi in Bolivia ho fatto un salto a salutare anche Venezia con la malawianissima Ornela e “la giovane”. Beh, il simpatico leit motif della mezza giornata è stata la particolarissima R dei veneziani per la quale ci siamo prodotti in grasse risate tutto il giorno, anche nello spiegarne ad Ornela (in inglese) i motivi e anche a Padova nella restante mezza giornata con Sara e Nicola – al quale, a proposito, vanno le felicitazioni pubbliche per la recente laurea in fisica -.
Volete un assaggio? Accendete la tv un giorno di questi che c’è Federica Pellegrini in vasca, godetevi la sua poco femminile strapotenza e poi aspettate che la intervistino… C’è da sbellicarsi (con tutta l’ammirazione per lei come persona e sportiva).
Anche qui ci sono R da impazzire, più a Viloco che a La Paz, ma dare dei saggi è un po’ difficile (magari con la complicità di qualche ragazzo ce la farò). È una R che sta a metà tra una S sonora italiana, come in “riSo”, o se preferite una Z sonora bergamasca, come pronunciando “Zio, Zia” e una J alla francese. Ma che ‘ie possino…’, le prime volte non capendo niente chiedevo di ripetere e loro accentuavano ancora di più (ed era dura non sapere se ridere o piangere…) poi col tempo ho imparato che se mi dicono “No agajza” sul vocabolario devo cercare la voce del verbo agarrar. Oppure che il jzamplu (ramplu) è quel cosino che noi chiamiamo Fischer o tassello, oppure che il jzio, non è lo zio, ma il rio, cioè il fiume.
Fantastico. Adesso alcune volte quando parlo con loro mi esce una jz simile. E penso che il don quando mi sente si sbellichi interiormente (come qualsiasi altra volta che parlo, probabilmente). Certo che a riprodurre la R veneziana, cavolo, probabilmente non riesce neanche Teo Teocoli.
Ma che bella disquisizione linguistica!
Se ne scriverai ancora le metterò in un libro (con il tuo permesso). Sarà un piccolo omaggio all’ultimo giorno della creazione: quello della torre di Babele.
Puoi rinominare la categoria, per piacere? Simili osservazioni esigono titoli più dignitosi.