Insomma, siamo arrivati a 12. Il vino è per il brindisi. E poi per annotare -dovere di cronaca- la mega cantata di Lunedì sera scorso a Cochabamba con un mons. Gelmi gasatissimo (i suoi canzonieri “creativi”) e le seconde voci in falsetto di Riccardo.

La Paz, ultimo giorno di Anna che non s’è ancora scrollata un pezzetto di uovo dalla testa. La mia ultima settimana di lavoro a Viloco avrebbe dovuto partire ieri ma complice una notte di corse a mettere entrambe le facce a turno sul water e un giorno di febbre e un altro – questo – di assestamento e ancora un po’ di temperatura in eccesso, domani prima dell’alba si traghetta Anna in aeroporto e si torna sulle montagne per l’ultima volta, poi stando a programmi mai certi fino all’ultimo, Lunedì 30 di nuovo a La Paz con le valigie – sigh -.

Intanto iniziano ad arrivare email tipo: spero che questo tuo anno ti abbia fatto trovare quello che cercavi, ritrovare serenità, dato la carica, ecc. ecc. Poche illusioni. Tornerò più o meno lo stesso di prima, con le stessa serenità e fiducia di fondo nei confronti della vita, con le stesse inquietudini e forse alcune anche peggiori. In quest’anno avevo riposto alcune aspettative, nessuna in particolare su di me se non quella di tirare il fiato. Obiettivo raggiunto. Per il resto è tutto da vedere. Mi godo altre soddisfazioni più importanti, vengo via anche con qualche preoccupazione su ciò che lascio, sperando che arrivi qualcuno che se ne possa occupare presto.

Torno con tante belle persone ed esperienze conosciute, con la voglia di tornare a casa e con quella di non tornarci più. Forse la sintesi di tutto sarà di trovare delle mediazioni spendibili qua o là: per es. sarà possibile lavorare a Bergamo con ritmi sudamericani, non farsi travolgere dal “fare”, non sacrificare il tempo per le cose che si ritengono importanti?

Torno con una proposta lavorativa (un segno del destino, più che un invito al carpe diem) una (e mezza) abitativa, una di ripartenza per un tempo più lungo, un sogno confuso di partenza per altrove. Ho le mie priorità già stabilite, chiaramente, però essendo tutte ipotesi e non avendo certezze, siamo in standby. Siamo, sì, non è un plurale maiestatis.

Intanto qui: a Viloco, con lo stop forzato di ieri e oggi i programmi dovranno un po’ cambiare, però c’è elettrificazione e illuminazione della chiesa di Bajadería e la sistemazione delle ultime cose del Kantutitas, poi lunedì torniamo in capitale, a seguire giretto da Ale a Tarija, giretto da suor Giusi a Potosì, con puntata da Frans e famiglia e poi un giorno o due a Sucre, poi torno a La Paz per le ultime cose e via in Italia. Chissà. Per ora nessun contraccolpo emotivo. Vediamo. Sperando che non ci siano feste di saluto e simili, come qualcuno si augurava. Nel caso c’è anche un asso nella manica.

Giorni scorsi con Anna, Silvia e Lupe Cajías a Viloco. Siamo riusciti ad arrivare sfidando bloqueos e mala sorte. Interessante il tuffo nella storia, gli ultimi 30 anni di Bolivia raccontati con la lucidità di una giornalista e scrittrice acuta che ha vissuto in diretta (e talmente in prima linea da sentire spesso fischiar pallottole sopra la testa) praticamente tutti gli snodi nevralgici che hanno portato la Bolivia ad essere quella che è ora. Lupe è stata l’invitata speciale alle riunioni dei gruppi kantutitas dei vari settori e ha fatto un discorso semplice ed efficace sulla necessità di rispettarsi tra persone all’interno della comunità ed evitare nel modo più assoluto la violenza familiare. Giorni piacevoli, cucinando in coppia, i piatti sempre lavati… 😉 e poi con le corse dei recibos, la pazienza messa spesso alla prova dalle persone lagnose e insistenti che fanno di tutto per non perdere i soldi e nell’occasione si fanno chilometri a piedi sotto l’acqua, implorando pietà per essersi prima risparmiate solo dei metri… o perché il giorno prima non hanno capito i motivi dell’esclusione. Lagne che non mi mancheranno di certo tornando.