Prima riunione, dopo l’affiliazione del nostro panificio “Beth Lem” di Viloco alla Federazione regionale dei Panificatori di La Paz (mica per niente, eh… ci danno le materie prime sovvenzionate…).
Riunione convocata per le ore 15.
Alle ore 15.45, quando arrivo, c’è qualcuno in cortile che aspetta… Vado a farmi dare le informazioni che cerco e mi informano che c’è questa riunione. Va be’, mi fermo un attimo per curiosità, ma con il “permesso” di andarmene dopo un po’ perché ho altro da fare.
Ore 16.00, i dirigenti scendono nel salone dove sono attesi da una trentina di persone. Entro pure io e mi siedo in fondo. Regna il silenzio. In cima una pedana troppo bassa ospita un grande tavolo con brutte ma comode sedie, alcuni quadri che raffigurano personaggi illustri della storia boliviana e una teca che custodisce il sacro tricolore. Mancherebbero solo dei diffusori con musica patriottica e poi ci sarebbe tutto.
Ore 16.15: continua il silenzio, interrotto di tanto in tanto da un “Buenas tardes compañeros”, la sala si affolla piano piano. Noto il presidente della Associazione, seduto al centro del tavolo sul palco che confabula con il suo scagnozzo (che per la cronaca si chiama “Braulio” e non è affatto un nome d’arte) e intanto mi guarda e indica nella mia direzione. Che cacchio si sta inventando adesso questo qui? Va be’, con aria fischiettante mi guardo attorno cercando qualcuno con cui attaccare bottone per non dare ad intendere che ho inteso, accanto a me c’è una ragazza giovane con vestito tradizionale, ma “non è bello” che un giovane straniero si metta a scambiare chiacchiere con una donna. Braulio “amaramente” s’avvicina, si china verso i me e mi invita a salire in cima all’assemblea, che intanto conta una cinquantina di persone. Guardo il presidente e gli sussurro indicando l’orologio (che non porto): «“non è bello” che mi faccia sedere qui che fra poco devo andare, dai…». Don Victor mi rassicura: «Solo un attimo». Si alza in piedi e mi presenta come nuovo affiliato, rappresentante della Parrocchia di Viloco (e in cammino per diventare prete… ). Dice che come Federazione son tutti contenti di ospitare qualcuno che viene dall’area rurale e che fa il pane per i minatori. Beh? Adesso che dico? Dire due stronzate in pubblico non è mai stato un gran problema, ma mi suona strano farlo così per un puro caso del destino. Mi alzo e voltandomi verso l’assemblea mi accorgo che è tutta gente di mezza età che ha un’aria seria, “in tinta” con l’atmosfera che si respira; non posso metterla sul ridere, sembra un’assemblea di gente che sta per fare una rivoluzione anacronistica. Due minuti per dire che ringraziamo i dirigenti e siamo contenti di poter entrare a far parte di una Federazione tanto storica e autorevole di La Paz (in realtà non ho la più pallida idea di quello che sto dicendo, però a giudicare dai personaggi che ho davanti… altro che storia); che a Viloco si mangia il pane che fanno loro a La Paz (probabilmente no, ma la cosa fa molto figo), ma che nessuno di loro ha colpa se il pane a Viloco arriva duro e difficile da masticare per i minatori che spesso non hanno i denti (ma che c@zz…?!?!) e quindi che abbiamo fondato e costruito questo forno a Viloco con un’investimento di tot (al pronunciare la cifra sento un “ooohhh” collettivo di sottofondo, ma non capisco se è dovuto al pensiero “ma quanto è fico questo forno” oppure al suo contrario “e pensate pure di farci il pane dentro lì?”) per dare il pane fresco e quindi una qualità di vita migliore ai minatori e alle loro famiglie. E… finale strappalacrime: «E quindi un grande grazie alla Federazione che ci ha voluti accogliere tra i suoi affiliati e un grande grazie anche a voi che ogni giorno, con la fatica che conosce solo chi lavora nel settore, producete l’alimento in assoluto più importante per la gente Bolivia». Cinque secondi di applausi scroscianti, mi siedo. Una riunione tanto assurda non poteva iniziare che con parole tanto idiote.
Ore 16.30. Ordine del giorno, l’incaricato legge. Non fa a tempo a finire che si alza una mano e contemporaneamente una voce. Ho sempre odiato quando i miei alunni intervenivano così. La punizione, dopo il richiamo, era quella di farli stare con la mano alzata per qualche minuto prima di dar loro la parola. Per don Victor non è così, lui è più orientato al risultato che al processo educativo. Il caballero parla contestando l’OdG e chiedendo di spostare il punto 2 all’inizio. Don Victor, senza colpo ferire, urla al suo incaricato di correggere l’OdG. Primi segnali di democrazia. A che scopo comunque lo sa solo lui, visto che nessuno redige il verbale. Letto e corretto il sommario della puntata don Victor si alza e fa per iniziare il suo informe (report) dei fatti e viene interrotto immediatamente da un altro panettiere che gli urla di “passar lista”, abitudine boliviana che è come fare l’appello a scuola per vedere chi c’è e chi non c’è, cosa che poi qui purtroppo assume un senso quasi morale: i buoni e i cattivi. Spessissimo i boliviani partecipano a qualsiasi cosa non per interesse, ma solo per non fare la figura dei cattivi o per non incorrere in sanzioni (multe). Immaginatevi che attenzione…
Ma la nostra assemblea parte davvero: don Victor propone di rifiutare quel tipo di contratto che il governo ha proposto ai panificatori (l’oggetto è il contratto di vendita dello zucchero a prezzi troppo poco inferiori al normale e soprattutto perché è un contratto individuale e non collettivo), i panificatori si alzano e dicono la loro, il dibattito si accende, chi è a favore, chi contro, chi accusa i dirigenti della federazione, chi li difende. Il loro modo di parlare a volte mi suona comico: urlano, mettono centinata di volte l’inciso “compañeros” (neanche nei tempi d’oro in via delle botteghe oscure), che alla fine risulta nel mio cervello in assoluto la parola più pronunciata, più ancora di “contratto” o di “zucchero” che sono i temi caldi del pomeriggio. Solo il fatto che si rivolgano continuamente ai loro interlocutori più che esprimere argomentazioni, già la dice lunga. In quest’atmosfera barocca suonano cellulari durante il dibattito e la gente risponde incurante di star facendo un gesto non troppo elegante. L’idea che mi balena, siccome ho il numero di cell di don Victor, è di chiamarlo mentre sta parlando per vedere se risponde o meno… ma no, dai… pochi scherzi altrimenti mi caccia. Magari…
Ore 17.30: approfittando di un po’ di trambusto generale mi eclisso. La sala è stracolma di gente che ha continuato ad arrivare fino a quel momento, ci saranno almeno 200 persone. Ma l’appuntamento non era alle 15? Gli ultimi in fondo, che devo quasi scavalcare per poter imboccare l’uscita, mi squadrano come se fossi un marziano capitato lì per sbaglio… come dar loro torto?
Scendo le scale senza in realtà aver niente di urgente da fare e me ne torno a Munaypata, ma curioso di sapere come e quando si scioglierà questa assemblea. Sta per iniziare ad imbrunire, è ancora presto perché faccia buio, ma sarà perché ci sono un po’ di nuvole, mi butto tra la onnipresente folla delle stradine della zona commerciale guardandomi attorno per scovare un minibus che vada nella mia stessa direzione e intanto mi tengo le mani in tasca a proteggere cellulare e portafoglio, Sabato pomeriggio in un’ora ho subito due tentativi di scippo con (poca) destrezza e la stessa tattica che ormai conosco, mica che per il Mercoledì ne abbiano una diversa…
non c’è la possibilità di lasciare un commento al prossimo articolo perché è davvero una situazione no comment?!
🙂
listo, ahora si
Te bendiga Dios todopoderoso en el nombre del Padre del Hijo y del Espiritu Santo…amén…
es bueno padre Diego? 🙂
casi bueno, porqué como puede ser que Dios todopoderoso te bendiga “en el nombre” de si mismo, sino más bien Dios te puede bendecir (Él que es) Padre… pero si, te faltaría solo un poco para volverte misionero (con las lagrimas calientes de tus parroquianos, sobre todo los del fútbol 😉 )