Porco cane, è tardi. Vero che in Bolivia gli orologi hanno lancette che fanno strani giri e la gente non ci bada e il don neanche, però mi aspetta là a Patacamaya fra una mezz’oretta. Avevo preso la jeep il giorno prima per farmi un giro a La Paz, per fare la solita lavatrice, due fotocopie, due spese, le solite cose, insomma, la dissenteria mi aveva lasciato abbastanza in pace e quindi ero pronto a ripartire.

100 km mi separano dal don. La strada è un lunghissimo rettilineo asfaltato con pedaggio, preceduto da un enigma: come riuscirò ad attraversare la caotica El Alto? Il massimo sarebbe riuscire a pigliare la “Avenida 6 de marzo” uno stradone a tre corsie per senso di marcia che mi porta dritto dritto alla strada a pedaggio. Se riesco a sbucare da quel casino, poi volo. L’auto che guido è un potente fuoristrada, un Toyota Land Cruiser del 2001, 4500 di cilindrata e 24 valvole che non si ferma davanti a niente, che non può fare miracoli, certo, però schiacciando va, la strada non è il massimo, ma in un’oretta ci arrivo tranquillo.

Risultato: un disastro. Mi ingarbuglio nel traffico di El Alto, perdendo mezz’ora solo per uscrne e individuare la “6 de marzo”, che però ora è lì davanti ai miei occhi, nel mezzo solo un semaforo rosso e una decina di altri veicoli. Haha. Si avvicina un poliziotto, abbasso gentilmente il finestrino e saluto.

– “La sua patente per favore”. Gliela porgo. Profuma ancora di ufficio della Motorizzazione civile di Bergamo. Anche lui, sentito il profumo di polenta e osèi me la restituisce senza fiatare.

– “Il suo tagliando annuale di assicurazione”. Ops. Dove sarà? Ravano nel vano portaoggetti (senza neanche far troppo caso alle allitterazioni), c’è una cartelletta di plastica tutta rovinata, ravano anche lì, estraggo una carta, poi un’altra, poi un’altra ancora, nessuna delle tre è ciò che il poliziotto vuol vedere. Intanto scatta il verde. – “Va bene, non importa, ma la prossima volta…”

– “Sì, si , certo, grazie, buon pomeriggio, hasta luego, ma anche no” (tanto l’italiano non lo capisce…), sgaso. La strada (sotto il mio sedere finalmente tranquillo dopo giorni) scorre veloce, quinta, quarta quando c’è da sorpassare, che bello viaggiare all’ora della pennica, neanche un camion. Davanti una collinetta, l’auto si arrampica sicura. Dopo il culmine, sulla discesa, vedo un uomo vestito di verde scuro in mezzo alla strada che mi sta guardando con qualcosa davanti alla faccia. Polizia, azz. Inchiodo, ma è troppo tardi, lui si abbassa il marchingegno davanti al naso e mette la ricetrasmittente davanti alla bocca. Beccato. Porca paletta; è il caso di dirlo. In fondo alla discesa altri due omini verdi in mezzo alla strada si sbracciano facendomi capire di accostare. Freccia, freno, accosto.

Hehe, es un gringuito”, sussurra il poliziotto scappellato che ho a due passi all’altro incappellato appoggiato all’altro ciglio della strada, ma io, nonostante il finestrino alzato, ho sentito perfettamente e nessuno qui mi deve chiamare gringo se vuole continuare a camminare con le sue gambe. L’ultima volta al collegio di Sacani ho fulminato i due bulletti di una classe che si erano permessi.
– “Mi mostra la sua licenza di guida per favore”? Nella tasca della borsa dove ho la patente ci sono anche i soldi in una busta aperta. In quella frazione di secondo mi chiedo se infilare un biglietto da 100 boliviani nella patente o no, cavoli, stavo correndo per davvero, sarà il caso? No, ma che caspita, mi ha chiamato gringo, si arrangia. Riestraggo la patente e gliela porgo, profuma di poliziotto boliviano, ma lui sfoglia e non si accorge.
– “Ah, viene dall’Italia”.
– “Vedo che è sorpreso. Mi ha chiamato gringuito poco fa…, non si permetta, non mi piacciono i gringos”. Purtroppo mi è mancata la prontezza di tradurre l’espressione “mi stanno sulle palle”.  Ad ogni modo l’agente incassa e prosegue.
– “Lei ha infranto la legge dello Stato di Bolivia”. E che altisonanza, signori! Mancava solo che dicesse “… dello stato plurinazionale di Bolivia”.
– “Ah, sì? E perché?” – so benissimo che stavo correndo, ma nessuno sconto con chi mi apostrofa.
– “Perché stava andando ad 85 Km/h in prossimità del centro abitato”.
Mi guardo platealmente a destra e a sinistra – “E dove sta il centro abitato?” – attorno a noi deserto, due case a un paio di centinaia di metri a destra e altrettante alla stessa distanza a sinistra, il villaggio, minuscolo, è situato ad almeno un chilometro da noi.
– “Sta qui, qui è zona urbana e poco prima c’era il cartello con il limite di 35. Le devo fare il verbale”. Si rivolge al poliziotto incappellato: “Ehi, portami il blocchetto dei verbali”.

Si avvicina. Il suo cappello assomiglia a quello del ranger Smith, dell’orsi Yoghi.
– “Buon pomeriggio”.
– “Buon pomeriggio anche a lei”.
– “Ho sentito che è italiano, cosa ci fa in Bolivia? Lavora qui?”
– “Sono un volontario missionario e lavoro a Viloco con un prete pure italiano”.
– “È sua la macchina?”
– “No, è della parrocchia”.

Parte la predica:
– “Beh, stava andando a 85, qui vicino c’è un centro abitato, passano donne, bambini, ci sono i cani che attraversano la strada. Questa strada ha limite di 80, salvo che nelle zone urbane, appunto”.
– “Beh, dove stava il vostro collega là sopra non c’era nessun cartello, io non l’ho visto e poi il centro abitato è là in fondo”, so che il limite diventa 35, facevo in tempo tranquillamente a rallentare”.
– “Non è possibile che non abbia visto il cartello, c’è anche disegnato per terra in grande davanti a lei”.
Mi sarebbe piaciuto tornare a controllare, non l’ho visto davvero, ma anche ad averlo visto, in quelle condizioni non avrei rallentato di certo…
– “Eh, mi spiace, non l’ho visto, però stavo iniziando a rallentare perché ho visto le case in lontananza”. E prova a dirmi che mento…
– “Va be’, comunque stava andando oltre il limite. Nei centri abitati si deve rallentare, se il limite è 35 si può andare a 35, a 40 al massimo, ma non di più”.

Trattengo una risata facendo mentalmente due considerazioni:
1. com’è che se il limite è 35 si può andare a 40?
2. la Bolivia è notoriamente un paese dove regna una legalità diffusa, no? E questi se la prendono perché uno corre un pochino in mezzo al deserto… capito?

– “Sì, ha ragione, però là il cartello non c’era, e poi se posso andare a 40 con il limite di 35 posso andare ad 85 con il limite di 80, mi scusi”.
– “Per questa volta non le faccio la multa perché è un volontario e lavora per la parrocchia, però la prossima volta le faccio pagare anche questa”.
– “Certo”.
– “Buon pomeriggio, arrivederci”, mi dice scappellandosi parzialmente.
– “Ma anche no, buen trabajo”. Neanche loro capiscono l’italiano.

Il finestrino risale e la risata scoppia. Sembro un perfetto cretino (o non solo lo sembro?).

Un’oretta dopo la racconto al don e a donna Marta seduta dietro, anche loro scoppiano a ridere. Gli chiedo quanto sarebbe stata la multa, lui palleggia la domanda alla nostra ospite: “100 boliviani, mas o menos”, mi risponde. È l’equivalente di 10 €. Quanto è da noi un eccesso di velocità di oltre 40 Km/h? E per quanto ti ritirano la patente?

Il bello di tutta la vicenda è che a pranzo con i preti bergamaschi e i direttori del collegio di Munaypata, avevo appena fatto il figo dicendo che anche se giravo senza patente, nessuno me l’avrebbe mai cercata, ché i poliziotti in Bolivia stanno solo a far andare i semafori…

Un buon tacer non fu mai scritto.