Tranca di Padrezama.
Il profumo di umidità, erba bagnata, terra. Le vampate di calore umido già nella mattina, all’alba. Il sole rosso colora un cielo plumbeo irraggiandolo di lunghi filamenti rosati. La musica dei Creedence Clearwater Revival mi accompagna, finalmente torno nel fottuto Chapare. La cholita di sempre sorride e i suoi denti d’oro mi ricordano che dietro l’apparenza si nasconde un mondo semplice nella sua complessità.
Passata la tranca [il casello del pedaggio] si è a casa. Il patronato dello Spera [padre Sperandio] ci assicura la quasi immunità. Siamo gringos però los gringos del padrecito [il prete]. Attraversiamo Villa Tunari, il ponte leggendario, due curve secche e siamo al check point di Castillo. Ascolto White Rabbit dei Jefferson Airplaine mentre, con peculiare farsa, i militari controllano il mezzo. Sorridono l’ altote flaco con lentes [lo spilungone con gli occhiali] è tornato. Un impetrato leggendario di circa 30 km mi porterà al purgatorio Eterazama, nel mezzo buche, dossi come montagne e ragazzini che con mezzi di fortuna vanno a scuola. Frank Zappa come colonna sonora illuminate mi indica il percorso di psichedelica follia. Assoli dilagano fondendosi con l’incredibile vegetazione ai bordi della strada. Si insinua nella selva oscura. APAMI sulla sinistra, cataste di metallo. Valentin è diventato un impresario edile, Gladis la sua gentile moglie (e grande amica) è la sua segretaria pur continuando a collaborare con il CEFTE. Rallentiamo e rastrelliamo i ragazzi che stanno andando all’istituto CEFTE, mentre lo facciamo ci affianca la camionetta dello Spera. Tra un «santa madoi», «Paaaaaaablo» e «che onore averti tra di noi» siamo arrivati.
Tutto illogicamente straordinario come prima.
Da un film capolavoro “Magnolia”:
«tu puoi chiudere con il passato,
ma il passato non chiude con te»
E ti accorgi che fuori nevica, una chiamata dall’officina ti riporta alla realtà.
Era solo immaginazione.
Giampaolo [amico ed ex-volontario CELIM]
Ancora nessun commento